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15 dicembre 2015

La Magia della Tavola delle Feste





Natale! Sinonimo di calore, atmosfera e tradizione. Occasione per riunire la famiglia, gustare piatti prelibati nella magica atmosfera natalizia.
La mise en place richiede un’accurata preparazione, ma saranno sufficienti un pizzico di creatività, la scelta di uno stile e l’accuratezza dei dettagli per rendere tutto indimenticabile.

E’ il momento ideale per sfruttare le cose belle di famiglia. Aprite i bauli della nonna e osare ad utilizzare tovagliati e servizi di un tempo. Se non lo fate a Natale!
Se non si hanno a disposizione servizi completi o sufficienti al numero di commensali presenti è lecito utilizzare ciò che si ha, mescolando due servizi, con creatività e alternando i componenti, facendo in modo che non siano solo un paio di persone ad avere le posate differenti.



La scelta dei colori è molto importante. Verde, oro e rosso richiamano la tradizione, mentre blu e argento sono una scelta elegante per una tavola dal sapore più moderno. Accostare nero e bianco è decisamente cool, accoppiata vincente per un Natale di tendenza ed un poco estroso. Oro e nero e “total white” sono colori altrettanto di moda e sono certamente eleganti e di atmosfera.
Meglio propendere per una tovaglia in tinta unita, personalmente prediligo il bianco, mentre il galateo sconsiglia i tessuti con decorazioni natalizie per tavole formali.
L’accostamento di un bel runner – detto anche guida – permette di raccogliere le decorazioni della tavola e darà sensazione di ricchezza ed abbondanza. Il runner è un tessuto lungo che percorre tutto il centro della tavola, deve essere poco più lungo, in modo che cada ai due estremi e di un colore che si distacchi dal resto della tovaglia.



Il tocco magico alla tavola delle feste sarà dato da voi, con aggiunta di dettagli unici, frutto della vostra creatività e fantasia. Un bel centrotavola caratterizzerà la mise en place, è un elemento importante essendo la prima cosa che colpisce all’occhio. Deve essere ricco senza strafare, elegante ma non freddo. Candele, rami, fiori, frutta fresca e secca, palline natalizie, bacche e pigne sono gli elementi classici dei centrotavola natalizi. Potrete optare per un elemento minimal, con un semplice ma prezioso vassoio in argento che accoglie candele rosse, abete e agrifoglio di gusto tradizionale, oppure una scelta moderna caratterizzata da colori metallici uniti ad elementi naturali come palline di Natale e pigne all’interno di un contenitore in vetro.
Ricordate sempre che il centrotavola dovrà essere basso, permettendo la conversazione e il contatto visivo tra i commensali.



Le candele non dovranno mancare sulla mise en place del pranzo del  25, anche se il galateo consiglia di utilizzare le candele solo alla sera, oltre ad avere valenza votiva, sono irrinunciabili per la sensazione  di calore e di magia che riescono a creare. Possono essere di molti tipi e sistemati in vari modi: lunghe e sottili con un candeliere elegante, basse e larghe di grandezze differenti creando volumi e poste lungo tutta la lunghezza della tavola a seguire il runner, infine piccole da lanterna giocando sul numero cospargendone la tavola.



I tovaglioli dovranno essere coordinati possibilmente a tovaglia o runner per tipologia di tessuto, ma se non ne abbiamo a disposizione a sufficienza è possibile mischiarne due tipi con la regola sempre dell’alternanza tra commensali. Saranno posizionati alla sinistra delle forchette, come da galateo, oppure al centro del piatto; piegati a triangolo o a pergamena racchiusi da un portatovagliolo o da un nastro che riprenda i colori scelti. Inutile dire che dovranno essere in stoffa, mai di carta che destineremo a pic nic e merende in campagna.
Vediamo ora gli irrinunciabili sulla tavola delle feste.
Il sottopiatto che aiuterà a determinare lo spazio tra i commensali, ricordate che la distanza ideale tra l’uno e l’altro è di 60 centimetri.




I segnaposti che oltre ad essere utili si potranno trasformare in piccoli regali per gli ospiti.  Spaziate con la fantasia seguendo il mood della vostra tavola, dal classico ed elegante cartoncino bianco ingentilito da un rametto verde, alle pigne glitterate o al naturale, al vero e proprio petit cadeaux scelto tra il soggetto a tema natalizio, il libricino di poesie o semplicemente una frase particolare.
Assegnare i posti a tavola permetterà di regalare ad ogni commensale la sorpresa di cercare e trovare il proprio nome e di programmare in anticipo la disposizione che andrà effettuata in modo che tutti si sentano a loro agio.
Sarebbe opportuno rispettare l’alternanza tra uomo e donna, i coniugi non affiancati ed i padroni di casa a capotavola.
I bimbi se numerosi potranno essere accolti ad un tavolo a loro dedicato dove possano intrattenersi con qualche gioco o qualche disegno; se non sono ancora autonomi dovranno trovare posto accanto alla persona che possa accudirli.
L’ acqua non dovrà mai essere in bottiglia sulla tavola, tanto meno quelle in plastica, ma in caraffe di vetro differenziate per frizzante e naturale.
Non trova posto sul desco nemmeno il cestino del pane, che dovrà invece essere posto in monoporzioni   alla sinistra di ogni commensale.
Non dimenticate di disporre un salino accanto al pane, perché il sale è un elemento di cui non si dovrebbe mai fare richiesta per non dispiacere lo chef.
La Vigilia il menu dovrà rispettare il magro e non si dovrebbero servire i dolci, ma si sa, una fetta di panettone non si nega a nessuno.
Pranzo o cena che sia è bene non esagerare con il numero delle portate: meglio prediligere la qualità alla quantità.


                                                          
Il panettone si porta in tavola intero senza la carta che lo avvolge, possibilmente decorato con qualche ramo verde, mentre il pandoro può essere servito tagliato trasversalmente in modo che le fette prendano la forma di una stella. Entrambi si mangiano con le mani fuorché vengano serviti con una crema di accompagnamento.







La vigilia ed a Natale è gentile accogliere gli ospiti con piccolo regalo, ma ricordate che i regali importanti si danno in separata sede, in particolare i gioielli.
Al momento dell’arrivo degli ospiti tutto dovrà essere pronto, tavola, cibo, bevande e soprattutto padroni di casa. Mai farsi sorprendere in pantofole ed abbigliamento dimesso.
Buon Natale!

Anna Ubaldeschi


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12 dicembre 2015

Ginger Bread al cacao



Il Natale quando arriva arriva...e anche quest'anno immancabili i simpati omini di pan di zenzero.
Quest'anno in una versione cioccolatosa.
Usateli come decorazioni dei pacchettini di natale, come segnaposto per il pranzo natalizio, o semplicemente come momento dolce della giornata.

Buon Natale

Per 36 biscotti
280 gr di farina Manitoba
2 cucchiaini di bicarbonato di sodio
1/2 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di zenzero in polvere
2 cucchiaini di cannella in polvere
200 gr di burro a temperatura ambiente
150 gr di zucchero
1 uovo a temperatura ambiente
2 cucchiai di cacao

Ghiaccia
180 gr di zucchero a velo
1 albume
3-4 gocce di limone



Procedimento
In una terrina setacciare la farina, il bicarbonato, il cacao, il sale e le spezie. Mettete da parte. In un'altra terrina lavorare il burro per qualche minuto, poi unite 150 gr di zucchero e continuate a sbattere per circa un minuto, fino ad ottenere una crema soffice e spumosa. Unite l'uovo.
Versate il composto così ottenuto dentro alla farina mescolando con un cucchiaio di legno per amalgamare bene. Coprite l'impasto con pellicola per alimenti e ponete in frigorifero per almeno 2 ore.



Preriscaldare il forno a 180°C
Stendete la pasta sulla spianatoia e ricavate gli omini con uno stampino.
Far cuocere per almeno 12-13 minuti



Preparare la ghiaccia, mescolando bene lo zucchero setacciato, l'albume e le gocce di limone.
La consistenza deve essere soda.
Decorate i biscotti quando saranno ben freddi.



Potete sbizzarrirvi con le forme da dare ai biscotti, io ho preparato anche un simpatico almerello di natele che potrete usare come segnaposto per il pranzo di natale.




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9 dicembre 2015

Macarons Re-cake 2.0 #9




Che la sfida dei macarons abbia inizio...sembrano facili ma non lo sono per niente.
Bazzicando spesso in Fracia causa sorella che abita a Bordeaux, li mangio spesso e li adoro.
Ho provato a farli salati ma devo dire che perdono tutto il loro fascino.
Ma questo abbinamento cioccolato e clementine è molto particolare.
Non sono venuti perfetti ma non importa così ho la scusa per doverli rifare.

Questo mese mi sono ispirata al blog di Sara Fumagalli
http://www.dolcizie.ifood.it/2015/11/macaron-clementine-e-cioccolato-re-cake-09.html



http://www.re-cake.blogspot.it/2015/11/macaron-clementine-e-cioccolato-re-cake.html



Ma ora bando alle ciance e buoni macarons a tutti

Ingredienti

Per la ganache cioccolato-clementina
150 gr di cioccolato fondente
100 gr di panna fresca liquida intera
3 clementine,  (1 per recuperare la scorza, 2-3 per il succo di frutta)

Per i macarons (ricetta di Pierre Hermé):
150 gr di zucchero semolato
150 gr mandorle tritate
150 gr di zucchero a velo
55 gr + 55gr di albume a temperatura ambiente
37 g di acqua
la punta di un coltello di colorante arancione
Scorza grattugiata finemente di una clementina


Procedimento:

Iniziate preparando la ganache,così ha tutto il tempo di raffreddarsi

In una piccola casseruola, scaldare la panna con la scorza di una Clementina.
Lasciare in infusione per almeno mezz'ora coprendo il tegame. A questo punto filtrare il tutto, scaldare nuovamente la crema qualche secondo e unirvi il cioccolato precedentemente tritato finemente. Prima di mescolare, lasciar passare un minuto a questo punto mescolare delicatamente dal basso verso l'alto per uniformare il composto. Unire il succo delle clementine (50 gr) e mescolare ancora un pochino.
Versare la ganache in un piatto (possibilmente piatto) e mettere una pellicola a contatto. Lasciate riposare almeno un'ora. Volendo potete preparare la ganache la sera prima e conservarla in frigo.


Preparazione dei macarons

1 – Per prima cosa bisogna preparare quello che tecnicamente viene definito TPT (tant pour tant) ovvero la miscela in parti uguali di zucchero a velo e farina di mandorle. Setacciate bene per almeno 2-3 volte la farina di mandorle insieme allo zucchero a velo in una ciotola.

2 – In un pentolino mettete lo zucchero e l’acqua. Dovete portarlo a ebollizione fino a quando diventa uno sciroppo. Deve raggiungere e non superare i 115°C.

3 – A parte iniziate a montare 55 gr di albumi, cominciate lentamente per poi via via aumentare la velocità.

4 – Una volta che lo sciroppo ha raggiunto la temperatura di 115°C versatelo a filo sugli albumi montati a neve. Continuate a sbattere per almeno altri 10 minuti la meringa, in questo modo si raffredda un pochino.

5 – Nella ciotola dove avete precedentemente preparato il TPT, unite ora gli altri 55gr di albumi. Inserite la scorza grattugiata della clementina e il colorante (l’ideale sarebbe utilizzare i coloranti in pasta perché si amalgamano meglio, vanno bene anche quelli in polvere, sono un po’ meno pratici ma funzionano lo stesso) quindi mescolate per amalgamare.

6 – Ora inizia la fase di MACARONAGE ovvero usando una spatola morbida (il classico leccapentole è perfetto) si inizia a incorporare prima una piccola quantità di meringa al composto sopra ottenuto (punto 5) e via via si aggiunge il resto mescolando dal fondo verso l’alto e dai bordi verso l’interno del recipiente.
Questo passaggio è Importantissimo, mescolando andremo a rompere un pochino la meringa per ottenere un composto liscio, omogeneo e un pochino fluido. Non dovete ottenere un composto liquido, mi raccomando!

7 – Passaggio successivo: il POCHAGE. Inserite il composto in una sacca da pasticceria con bocchetta di 6 o 8 mm. In un foglio di carta forno tracciatevi lo schema dei macarons ovvero dei cerchi distanziandoli tra di loro. Questo foglio lo inserirete sotto il foglio di carta forno dove andrete a lavorare e poi lo sfilerete con attenzione.

8 – Ultimo passaggio: il CROUTAGE! Altro non è che il tempo di riposo che serve per far sì che il guscio si secchi un pochino per permettere in cottura la formazione del classico collarino.
Ci vuole almeno un’ora, a ogni modo capirete che sono pronti per la cottura quando sfiorandoli leggermente la pasta non si attaccherà al dito.

9 – Cucinateli a 150° per 14 minuti. Una volta sfornati con attenzione spostate la carta forno e toglietela dalla placca. L’ideale sarebbe appoggiarla su un piano freddo .. questo per favorire meglio il distacco.

AVETE QUASI FINITO!!!!!

10 - Pelate a vivo le clementine e tagliatele a fettine sottili.

11 - Riempite una sac a poche con la ganache, farcite la metà di un guscio di macaron, aggiungete la fettina di clementina e chiudete con un'altro guscio.


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26 novembre 2015

Pumpkin Cake Thanksgiving Day



Il Giorno del ringraziamento (Thanksgiving Day in inglese), o più semplicemente "il Ringraziamento", è una festa di origine cristiana osservata negli Stati Uniti d'America (il quarto giovedì di novembre) e in Canada (il secondo lunedì di ottobre) in segno di gratitudine verso Dio per il raccolto e per quanto ricevuto durante l'anno trascorso.
Andate a leggere la storia di questo giorno.

La pie alla zucca è il dolce tipico della Festa del Ringraziamento, ha un ripieno caldo color arancio che le regala un aspetto rustico e semplice.
Tradizionalmente va servita senza nessuna copertura.
Ho voluto reinterpretarla a modo mio aggiungendo una copertura di meringa spolverizzata con della cannella, per rendere il tutto molto aromatizzato.
Gustatela davanti al caminetto con una tazza di thè aromatizzato alla cannella.

Ingredienti per la base, stampo da 23 cm
260 gr di farina tipo 1
mezzo cucchiaino di sale
110 gr di burro freddo

Ingredienti per il ripieno
425 gr di purea di zucca (cotta al forno o al vapore)
220 gr di zucchero semolato
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di cannella in polvere
1/4 di cucchiaino di zenzero in polvere
1 cucchiaio di farina tipo 1

Ingredienti per la copertura alla meringa
4 chiare d'uovo
133 gr di zucchero semolato
133 gr di zucchero a velo
cannella per spolverare

Procedimento per la base
Lavorare la farina, il sale e il burro nella planetaria con la frusta a sfoglia a velocità bassa fino ad ottenere una consistenza sabbiosa.
Aggiungere 1 cucchiaio di acqua e mescolare, se necessario agiungere altri cucchiai di acqua, continuando a mescolare fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Fate attenzione ad aggiungere l'acqua, è meglio impastare ad alta velocità che aggiungere acqua.
Avvolgere il panetto nella di pasta ottenuto nella pellicola trasparente e lasciar riposare in frigo per 1 ora.



Procedimento per il ripieno
Accendere il forno a 170°C
Stendere la pasta precedentemente preparata e foderare uno stampo per crostate da 23 cm.
Taglia la pasta in eccesso dai bordi.
In una ciotola mettere la purea di zucca, l'uovo, lo zucchero, le spezie, sale e farina e mescolare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo.
In base alla consistenza della zucca il composto risulterà più o meno acquoso.
Versare il tutto nello stampo e far cuocere per 30-40 minuti, il ripieno dovrà risultare compatto e non ondeggiante se scuotete lo stampo.
Lasciare raffreddare.

Preparazione della meringa
Accendere il forno a 250°C
Mettere in un pentolino le chiare con lo zucchero, portare il composto alla temperatura di 45°C.
Levare dal fuoco, versare il tutto nel vaso della planetaria e montare fino ad ottenere la meringa.
Spegnere e incorporare lo zucchero a velo mescolando delicatamente con un leccapentole.
Con un sa-a-poche formare la decorazione sulla torta.
spolverare la cannella, per ottenere un effetto ancora più rustico
Mettere la torta in forno sul ripiano più alto possibile, lasciate colorare la meringa in base al vostro gusto.
Togliere la torta dal forno e lasciare raffreddare.


Buona dolcezza Erica
 

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17 novembre 2015

L'orologio nel piatto


Chi non si è sentito almeno una volta imbarazzato come Vivian, protagonista del film “Pretty Woman” magistralmente interpretato da Julia Roberts, dinanzi ad una tavola allestita di tutto punto?
Il Galateo suggerisce come utilizzare le posate e non fa differenza che voi siate mancini o no, unica differenza è per il coltello da pesce, che ha la lama dalla parte sinistra, ma sappiate che esistono in commercio posate adatte appositamente ai mancini.
La regola è quella di utilizzare per prime quelle posizionate esternamente ai due lati del piatto, per andare via via verso l’interno.





Ma come si tengono le posate?
Coltello – viene tenuto nella mano destra, dito indice posto sulla congiuntura tra il manico e la parte non tagliente della lama. Non deve mai essere avvicinato alla bocca, ma può essere utilizzato per aiutarsi a posizionare del cibo sulla forchetta.
Forchetta – tenuta nella mano destra, se la pietanza richiede il solo uso della forchetta, nella sinistra se invece è previsto l’uso del coltello. Deve essere utilizzata con i rebbi rivolti verso il basso e l’indice delicatamente posato sul dorso dell’impugnatura se è necessario infilzare una porzione.
Cucchiaio – mantenuto nella mano destra, non deve essere colmato con la pietanza, bensì riempito solo per i 2/3, deve quindi essere accostato alle labbra dalla parte della punta, sorbendone il contenuto senza risucchio. Ricordiamo che viene posizionato a tavola unicamente se è previsto il servizio di minestre, zuppe e potage.



Durante il pasto e al suo termine qual è la corretta posizione delle posate?

Se durante il pasto desiderate fare una pausa per bere o forbirvi le lebbra con il tovagliolo, le posate andranno lasciate sul piatto con una posizione simile alle 8.20 delle lancette dell’orologio.
I manici delle posate non dovranno mai toccare la tovaglia per evitare che sughi o liquidi scolino lungo il manico. Non andranno nemmeno mai incrociate nel piatto fatto considerato decisamente sconveniente.
Infatti viene considerato un simbolo funesto, pertanto non accettabile al desco, ricordando la figura di Sant’Andrea che non aveva voluto essere crocifisso su una croce uguale a Gesù, chiedendo invece che ne venisse utilizzata una a forma di X.

Quando si è terminato di consumare la pietanza le posate andranno posizionate parallele in direzione delle 6.30




Il linguaggio delle posate agevola il lavoro del personale che sta servendo.
E’ bene ricordare che:
Le posate non si brandiscono come armi, non si gesticola con forchetta o coltello in mano, si deve evitare di produrre rumori durante il loro utilizzo.
La forchetta si porta alla bocca e non viceversa e tutto ciò che è raccolto sulla posata deve essere portato in bocca.
Non si rosicchia la costina infilzata sulla forchetta facendola ruotare mentre si addenta …
Gli spaghetti vanno arrotolati solo sulla forchetta e non con l’aiuto del cucchiaio
Tutto a tavola deve essere consumato con l’utilizzo delle posate, sono ben poche le eccezioni in cui è lecito utilizzare le mani.
Come si mangia … lo leggerete nel prossimo articolo. Vi aspetto!

Anna Ubaldeschi


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8 novembre 2015

Su e giù per i ponti di Venezia con un pezzo del mio cuore ritrovato




Venezia... eh già venezia, per noi padovani raggiungere la città lagunare è una routine, per studiare, lavorare, o semplicemente per una passeggiata.
Vi devo confessare che io sono un'italiana anomala non amo moltissimo la venezia turistica, non mi piacciono, la confusione, il caldo le orde di turisti che seguono un'unica via. Io preferisco la città lagunare in autunno quando una nebbia l'avvolge, andare ai banconi del mercato e parlare con i pescivendoli, hanno sempre qualche storia da raccontare, e perdermi tra i ponti e le callette.




Oggi ho una motivazione fortissima per amare questa città; sono alla ricerca di un pezzo del mio cuore che si era nascosto quando io e la mia amica d'infanzia Giovanna ci eravamo perse di vista.
La vita è imprevedibile, ti leva qualcosa per poi ridarti altro, ed è questo il mio caso.
Io e Giovanna ci siamo conosciute bambine, condividevamo la stessa passione per il tennis, ore ed ore passate sui campi ad allenarci. Siamo cresciute insieme condividendo gli stessi amici, quante corse con la bicicletta per raggiungerli in piazza e pasare con loro ore spensierate.
Eravamo sempre insieme, vivevamo in simbiosi, ci siamo confidate i primi flirt, le stesse ansie...poi come spesso succede la vita ha separato le nostre strade !

Ma ora dopo quasi 20 anni ci siamo ritrovate, ed è stato come se questi 20 anni non fossero mai passati, abbiamo ritrovato la felicità di stare insieme. Certo ora siamo adulte e mature, Giovanna ha una bellissima famiglia, una bimba meravigliosa e simpaticissima, fa un lavoro molto interessante, ma la cosa che mi ha mi sconvolto è che condividiamo la stessa passione per il food, i prodotti della nostra bellissima terra, il mangiar sano, il pane, i viaggi, ecc....
Lei ne ha fatto un lavoro io solo una grandissima passione, ma la cosa strana è che da ragazzine mai e poi mai avevamo parlato di queste cose. Immaginate quindi la sorpresa quando l'abbiamo scoperto.
Ero in ufficio immersa nei miei pensieri lavorativi, quando vedo che la tua faccina si illumina, mi scrive Erica che dici di venire a Venezia ed andar per Bacari ?
Ti faccio fare un giro poco conosciuto dai turisti dove potrai assaggiare i veri "spuncioni" veneziani nei locali di un tempo.
La mia faccia la potrete immaginare...sono entusiasta, accordarci sulla data non è stato facile entrambe impegnate, ma finalmente ce la facciamo.

Io e la mia reflex partiamo destinazione Venezia e Giovanna.

Come faccio a scegliere le foto di Venezia da postare?
Ogni calle, ogni ponte ogni palazzo qui trasuda storia.
Come faccio a farvi sentire l'odore salmastro e il rumore che c'è qui?
Credo sia impossibile.





Giovanna mi aspetta fuori della stazione dei treni e subito cominciamo a chiacchierare, la giornata è bella e passeggiare è piacevole.
Chiacchierando del più e del meno ci inoltriamo in calle poco battute e scopro degli scorci di Venezia che non conoscevo.


Con l'aiuto di qualche libro vi riassumo la storia dei Bacari.


Il bacaro (pron. bàcaro), o bacaréto, è un tipo di osteria veneziana semplice, dove si trova una vasta scelta di vini in calice (ómbre o bianchetti) e piccoli cibi e spuntini (cichéti), caratterizzata da pochi posti a sedere e da un lungo bancone vetrinato in cui sono esposti i prodotti in vendita. Più raro è il caso di bacari che servono piatti più elaborati o che offrono un vero e proprio servizio di ristorazione. I bacari vengono frequentati sia da turisti sia da abitanti del luogo. Oltre al vino, i bacari servono anche le caratteristiche bevande note come "spritz".
l nome bacaro viene dai "bacari" (singolare: bacaro), un termine che, a sua volta, si vorrebbe derivato da "Bacco", dio del vino. Secondo un'altra teoria, deriverebbe da "far bàcara", espressione veneziana per "festeggiare". "Bacari" era il nome attribuito, un tempo, ai vignaioli e ai vinai che venivano a Venezia con un barile di vino da vendere in Piazza San Marco insieme con dei piccoli spuntini. Il bicchiere di vino che si beveva si chiamava "ómbra", perché i venditori seguivano l'ombra del campanile per proteggere il vino dal sole. Per evitare il faticoso trasporto ogni giorno, si cercava in seguito un locale fermo, che si usava come magazzino e come mescita.










Questi tipici locali si differenziano dalle comuni osterie per via della modalità di consumazione dei cibi, per il modo in cui questi sono presentati al pubblico, e per le dimensioni e struttura degli ambienti interni. Il bacaro, quindi, è solitamente di piccole dimensioni, con pochi posti a sedere, banconi con sgabelli simili a quelli dei bar e vetrine in cui vengono esposti i cibi. Questi, di solito, vengono acquistabili a pezzo, al fine di comporre un piatto con diversi tipi di prodotto diverso. Il bacaro viene visto sia come un esercizio di ristorazione per il pranzo, sia come luogo di aperitivo. I turisti tendono a servirsi di tali esercizi per farvi un vero e proprio pasto completo (anche una decina di pezzi), mentre gli abitanti di Venezia lo usano perlopiù come un ritrovo per bere, o una tappa di più locali in una serata destinata al bere, e il cibo è solo un accompagnamento (uno o due pezzi), in modo da non assumere le bevande a stomaco completamente vuoto. Sono due filosofie completamente diverse nella fruizione dello stesso posto ed entrambe, ai giorni nostri, possono essere ritenute "principali", nonostante il bacaro sia nato perlopiù come luogo d'aperitivo piuttosto che di pranzo o cena.







Alcuni bacari sono frequentati da turisti, ma ce ne sono altri, più nascosti nei piccoli vicoli, che sono frequentati da veneziani a cui piace "andar a cicheti" (o fare il "giro d'ombra"), che vuol dire andare al bacaro, trovare degli amici e bere un "ombra". Il vino della casa si chiama sempre "ombra"; al bacaro non si trova solo del vino semplice ma può esservi anche una grande scelta tra vini di alta qualità. Tradizione in voga tra i pensionati, soprattutto a Cannaregio, è fare il giro dei bacari partendo dal ponte delle Guglie e arrivando fino a Santi Apostoli.
Ci sono anche i Bacari "moderni"








Poi arriviamo finalmente a mangiare in assoluto la miglior polpetta di carne di Venezia









E' impossibile per me stilare una classifica dei Bacari, ogni locale ha una peculiarità, il mio consiglio è quello di perdersi per le calli e scoprire questi localini carichi di storia.
Siate curiosi e distinguetevi dalla massa.


Cos'altro vi posso dire?
Per me è stata una giornata emozionante con la mia amica al fianco a fare quello che più ci piace.
Da adesso amerò Venezia con tutto il mio cuore, il mio cuore di ragazzina.

Giovanna grazie per la bellissima giornata, la rifaremo molto presto.




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